domenica 28 novembre 2010

Ho trovato questa testimonianza in rete....

Ho trovato questa testimonianza in rete. Mi permetto di pubblicarla senza l'approvazione dell'autore (che non saprei come contattare). Se, però, ha pubblicato un suo pensiero su internet  è cosciente della "pubblicità" del suo pensiero. Alla sua schiettezza va tutta la mia approvazione.

Negli anni settanta, quando frequentavo la Falcoltà di Ingegneria Chimica all'Università di Napoli, sulle prime restavo in qualche modo preso dall'"istinto del gruppo" e sentivo forte la tentazione di aggregarmi agli "organizzatori" delle proteste studentesche; a quelli fighi, con la capacità di spacciare autentiche cazzate per verità ispirate da menti eccelse al solo scopo di soddisfare il proprio egocentrismo da figli di papà viziati in eterna vacanza-studio. Ad un certo punto pensai a mio padre, già cardiopatico per i danni della guerra e le preoccupazioni di dover mandare avanti la nostra famiglia, a mio zio che, per questo, si era fatto carico dei miei studi e mi chiesi; " ma io, da fuori-sede, mi metto a far comunella con questi qui?" Grazie a Dio mi sono brillantemente laureato e da allora non ho più smesso di odiare i furbetti figli di papà "de sinistra", gli sfaccendati di allora, attualmente cinquanta-sessantenni, infilati a calci in culo nella Pubblica Amministrazione, nelle Banche della Repubblica e nei mezzi di comunicazione, cioé in tutti i posti dove si parla molto e si lavora niente. Purtroppo non camperò abbastanza da vederli passare tutti a miglior vita....solo perché le nuove generazioni possano non esserne impestati.

Massimo
Riporto questa testimonianza, come si suol dire, "a titolo di cronaca". Ognuno ne pensi ciò che vuole.

venerdì 26 novembre 2010

Perché gli studenti non protestano per questo?

Nel testo che segue c'è uno spaccato dell'università italiana: dati preoccupanti, a tratti vergognosi. Una situazione che pare evidentemente insostenibile. Non ho mai visto però, nonostante ve ne fosse ragione, nessuno studente protestare. Non c'è stata traccia di manifestazioni di nessun tipo, né inchieste giornalistiche o trasmissioni televisive che ne parlassero con la dovuta attenzione. La verità è che l'università italiana è scadente, malfunzionante e baronale; sì, baronale, perché è diventata nel corso dei decenni una vera e propria CASTA, riservata a parentele egemoni e a nicchie di partito. Non parlo soltanto per essermi documentato ed aver letto in materia: parlo soprattutto per essere stato anche io tra i banchi dell'università. Ho visto con i miei occhi corsi di laurea e discipline di studio perfettamente inutili; ho visto docenti assegnare un 25 o un 30 a studenti che facevano "scena muta" (in altre parole: il docente non boccia per evitare che le 3 o 4 persone che seguono il suo corso lo abbandonino del tutto per paura dell'esame troppo severo). Ho visto docenti insultare dei loro colleghi di corso durante l'ora di lezione; ho visto - solo a ricordarlo mi si aggrovigliano le budella - una semplice etnologa (quindi, da lì a qualche mese, io e lei avremmo avuto lo stesso titolo di studio) insegnare una disciplina per la quale non aveva alcuna specializzazione, tanto che spesso, di fronte a domande intelligenti, si trovava nel più totale imbarazzo. Eppure insegnava lì perché era la moglie del segretario di corso di laurea, in ottimissimi rapporti con il Preside. 
Ricordo l'aula autogestita della mia facoltà con i poster di Stalin e Lenin (li considero senza dubbio dei criminali patentati); da lì una puzza (o profumo, a seconda dei gusti) di spinello che raggiungeva delle volte il piano superiore, insieme ad invettive contro i fascisti (eravamo nel 2004, non durante la Resistenza!). Ho visto ragazzi protestare senza aver letto neanche un rigo della riforma o legge o provvedimento contro cui protestavano. Lo so perchè lì c'ero. Rappresentanti degli studenti sulla trentina, o anche più, che protestavano per il DIRITTO ALLO STUDIO, ma non studiavano e trascorrevano giornate intere nei centri sociali o nei giardini dell'università a prendere il sole. Non  voglio generalizzare, ma di studenti di questa tipologia ce n'erano a iosa nella mia facoltà. E forse ce ne sono ancora. Iscritti in pseudo-corsi di laurea, con l'illusione che il mondo, o lo Stato o la società, gli debba qualcosa perché sono LAUREATI, dottori. Ma di che? Di discipline fantasma, create appositamente per trovare occupazioni a docenti con tonnellate di raccomandazioni. Il problema diventa anche l'occupazione: ma con una, chiamiamola così, specializzazione di cui non interessa niente a nessuno, per esempio in SCIENZA DEL FIORE E DEL VERDE, come si può pretendere una occupazione? In cosa? Non ha più speranza un buon giardiniere?     
Ma lasciamo la parola a fatti e dati. 

I CORSI DI LAUREA INUTILI (sono solo alcuni)


  1. Scienze del fiore e del verde
  2. Scienze dell'allevamento, igiene e benessere del cane e del gatto
  3. Interpretazione di conferenza o, più generico: Interpretazione
  4. Storia delle donne e di genere
  5. Scienze e turismo alpino
  6. Filosofia teoretica, morale, politica ed estetica
  7. Lingua, letteratura e cultura della Sardegna
  8. Teoria e prassi della traduzione
  9. Beni enogastronomici
  10. Antropologia ed epistemologia delle religioni


LE CIFRE SULL'UNIVERSITA' ITALIANA:

Nel corso degli ultimi anni gli atenei italiani hanno moltiplicato i corsi di laurea e, di conseguenza, le cattedre.
5.500 sono i corsi di laurea in Italia. Le università sono 90 con 330 sedi distaccate e 170 mila insegnamenti attivati. In media gli altri paesi europei ne hanno la metà. 37 sono i corsi di laurea con un solo studente. 323corsi di laurea non superano i 15 studenti iscritti. 20 sono le università italiane sull’orlo della crisi finanziaria. Negli ultimi 7 anni, però, sono stati banditi concorsi complessivamente per 13.232 posti da professore ordinario o associato, ma i promossi sono stati complessivamente 26.004. Nel 99,3 per cento dei casi sono stati promossi senza che ci fossero posti disponibili. Per coprire le nuove qualifiche i costi del personale sono aumentati di 300 milioni di euro.


ARTICOLO TRATTO DAL BLOG DI "PANORAMA"

Olio extravergine, Chianti classico, Vinsanto, Rosso toscano e grappa: roba di prima qualità quella con l’etichetta Villa Montepaldi. Prodotta con il sudore di esperti braccianti. E un po’ anche con quello di tutti noi. L’azienda agricola, difatti, è foraggiata con generosità dall’Università di Firenze, proprietaria di questi 40 ettari a San Casciano Val di Pesa, una ventina di chilometri dal capoluogo. Tenuta prestigiosa: fu degli Acciaoli, poi dei Medici, successivamente dei Corsini e infine dell’ateneo. Utilità? Discutibile: l’ultimo avvistamento di uno studente alla “fattoria dell’università “, come la chiamano vezzosamente i professori, risale a qualche anno fa. E l’azienda è in perenne perdita, nonostante i milioni di euro versati dall’ateneo. Che, tra un buon bicchiere di rosso e un crostino intinto in olio pregiato, ha un deficit di almeno una settantina di milioni di euro. Gorgo che rischia di raddoppiare nel 2010. Nella vicina Siena le cose non vanno diversamente, così come in molti atenei italiani. I bilanci in rosso nascondono spese ormai fuori controllo: troppi dipendenti, corsi di laurea di dubbia utilità, concorsi banditi senza sosta, sprechi che si perpetuano.

Mai come adesso l’università italiana sembra allo sfascio. I rettori lanciano furibondi allarmi, per scansare i tagli previsti dal ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. Gli studenti occupano le aule e sfilano per strada, protestando contro lo smantellamento del sistema pubblico. I conti però non tornano più. Come non sono tornati ad Antonio Brancasi, che a Firenze insegna diritto amministrativo. “Caro rettore”: cominciava così la lettera indirizzata al magnifico di Firenze, Augusto Martinelli. Missiva in cui il docente contestava le incongruenze dell’ultimo bilancio. Faceva le pulci Brancasi: dati statistici contraddittori, vendite di immobili fittizie, spese incomprensibili. Come quella di 1,2 milioni di euro per trasformare la solita Villa Montepaldi in un agriturismo. Investimento di cui si è persa memoria. L’ateneo adesso promette rigore.



A Firenze si spendono praticamente tutti i finanziamenti statali per pagare il personale. Lo fanno in tanti. Le economie devono partire da lì. Eppure quest’anno l’università, nonostante la voragine in cui è cascata, ha già bandito 43 concorsi per ricercatore. Ha eliminato il superfluo, almeno? Non sembrerebbe.

A guardare bene gli ultimi dati ministeriali, si scopre che ci sono decine di corsi con meno di 20 iscritti. Un indubitabile primato lo detiene però la laurea in scienza delle religioni: zero iscritti. Seguita a ruota da scienze pedagogiche, dove il volonteroso è uno solo. E dalla scuola per assistenti sociali, bazzicata da altri due stoici. Pier Luigi Celli, direttore generale della Luiss di Roma, è sferzante: “Classi con 20 studenti non potranno mai reggere economicamente: è una moltiplicazione di costi abnorme” dice. “Poi ci sono le sedi decentrate, centri di potere che servono solo a compiacere i politici locali. Il risultato è sconfortante: spese enormi, livello dei docenti modesto e studenti abituati a studiare sotto casa”. A Siena non sembrano essersi posti il problema.



Negli ultimi anni, mentre l’ateneo accumulava passivi, sono stati aperti tre nuovi poli: a Colle Val d’Elsa, San Giovanni Valdarno e Follonica, che si aggiungono alla sede di Grosseto. E a quella di Arezzo: qui brillano i corsi di laurea in storia dell’antichità (tre iscritti) e in società, culture e istituzioni d’Europa (sette allievi).

Del resto il vecchio rettore Piero Tosi, in carica fino al 2006, è uno che i centesimi non li ha mai guardati. “Una gestione che ha lasciato 160 milioni di debiti solo tra il 2002 e il 2005, anni in cui i bilanci sono stati chiaramente imbellettati” accusa Giovanni Grasso, professore di anatomia umana e storico antagonista di Tosi. “Hanno trasformato l’Università di Siena in un ente assistenziale ormai alla bancarotta”. Le cifre non sembrano dargli torto: i bilanci degli ultimi 6 anni totalizzano perdite per 130 milioni di euro. Periodo in cui il costo per il personale è aumentato costantemente, arrivando, tra docenti e amministrativi, a un dipendente ogni 3,9 studenti. Cosa si fa in situazioni del genere? Si taglia allo spasimo, ovvio. Eppure, nell’ultimo anno sono stati stabilizzati 300 amministrativi e sono stati banditi concorsi per 43 ricercatori. A Genova ne hanno assunti 34 di ricercatori, oltre a 17 professori. Peccato che l’anno scorso sia comparso un buco di 15 milioni di euro. La Corte dei conti sta indagando sulle cause. “È chiaro che molti atenei chiudono i bilanci solo con i più spericolati artifici ” attacca Roberto Perotti, economista della Bocconi e autore del libro L’università truccata. “Il disavanzo è sempre uguale a zero. Poi, a distanza di anni, vengono fuori i debiti”. Alla Sapienza il bilancio del 2007 è stato chiuso con 40 milioni di euro di deficit. L’ex rettore Renato Guarini, in carica fino al mese scorso, aveva dunque annunciato un “notevole contenimento della spesa per il personale”. Il proclama si è tradotto in una nuova infornata di cattedre: 186 solo quest’anno. Qualcuno obietterà: su tutto si può lesinare ma non sulla ricerca. Giusto.

Però solo in teoria, avverte Perotti: “La qualità dei professori in Italia è pessima, lavorano poco e guadagnano tanto. I concorsi sono una farsa che favorisce solo amici e parenti. Per molti avere il doppio degli insegnanti servirebbe solo a moltiplicare le tribù accademiche. D’altra parte, sono un errore anche i tagli indiscriminati del ministro Gelmini”. “Un colpo mortale a coloro che riescono, nonostante tutto, a fare ricerca di eccellenza” li ha definiti Ferdinando Di Iorio, rettore dell’Università dell’Aquila, in lizza per la candidatura a governatore abruzzese con la Sinistra arcobaleno. Il suo ateneo, però, dicono le statistiche, non riluce di virtù: spende il 95,5 dei finanziamenti statali per il personale e ha un disavanzo di 12 milioni di euro. Eppure non centellina: vanta un corso per infermieri ad Avezzano, un altro in economia del turismo a Sulmona e quello, più disgraziato, in ingegneria agroindustriale a Celano, con soli otto iscritti. I bilanci in rosso vengono fuori uno dopo l’altro. Alcuni rettori, sepolti dai debiti, invocano l’intervento dello Stato: “Si rischia una nuova Alitalia” ha detto il ministro Gelmini. Che a Panorama anticipa: “Non ci sarà alcun aiuto pubblico.

Gli atenei dovranno predisporre piani di rientro sui quali vigileremo. E la lotta agli sprechi diventerà prioritaria. L’università italiana è indifendibile e chi lo fa danneggia solo i ragazzi. Molti corsi di laurea servono solo a moltiplicare le cattedre: elimineremo quelli non necessari”. Proposito, in verità, già annunciato da molti suoi predecessori e mai messo in pratica. Le novità, invece, riguardano soprattutto i bilanci: “A partire dal prossimo anno dovranno essere come quelli delle aziende. Bisogna evitare che siano compilati in modo creativo, cosa che è avvenuta spesso. Saranno poi certificati da società esterne, verificati da una commissione ministeriale e pubblicati su internet” dice il ministro, che ha deciso di inviare ispettori nelle università più a rischio. “Non è tollerabile che alcuni atenei interpretino l’autonomia in modo univoco: spendono senza controllo e sperano poi che arrivi qualcuno a ripianare i debiti”. Alla Federico II di Napoli il rettore, Guido Trombetti, ha recentemente annunciato di avercela fatta da solo: “L’ultimo bilancio è in perfetto pareggio” ha assicurato.

Il penultimo invece era in profondo rosso: 10 milioni di euro. Poi però è cominciata l’era del rigore, che si è tramutata in un aumento delle spese per il personale del 4,5 per cento. Risultato: l’università sborsa per i dipendenti più di quanto gli trasferisca lo Stato. Avanzano 11 milioni: le tasse pagate ogni anno dagli studenti. Ma per far funzionare il più elefantiaco ateneo del Meridione sembrano pochini. Invece bastano, addirittura avanzano, tanto da permettere di bandire quest’anno ben 37 concorsi per docenti e 54 per ricercatori. E ci sono pure i debiti del Policlinico: si aggirerebbero intorno a 20 milioni di euro. Anche al Policlinico dell’Università di Messina i conti non tornano da anni. Tanto che dal 2004 la Regione Siciliana non approva un bilancio. Il deficit è di 40 milioni di euro. Per metà dovrebbe essere ripianato dall’ateneo, che insiste a non mettere da parte 1 euro, anzi. Il sito dell’università annuncia le selezioni per 90 amministrativi. Per i sindacati, i requisiti sono troppo stringenti: sospettano che siano stati cuciti su misura per parenti e amici. Il rettore, Francesco Tomasello, nega sdegnato. E va avanti a bandire: 74 posti per docenti e ricercatori solo nel 2008. C’è carenza di personale a Messina?





Al contrario: per il ministero, solo nella facoltà di medicina ci sono 320 medici di troppo. Non insegnano né fanno ricerca, sono solo inutili, anche se vengono pagati lautamente, e la regione partecipa alle spese. Come accade all’Università di Enna, la Kore, quarto polo siciliano nato grazie all’attivismo del senatore del Partito democratico Mirello Crisafulli, leader elettorale della zona. Tutto privato, promisero i politici quando si trattò, nel 2004, di ottenere le dovute autorizzazioni. Lo Stato non ci metterà un soldo, ribadirono. Ma la regione sì: un contributo di 2 milioni l’anno. Poi c’è la provincia, con 800 mila euro.

Altri 400 mila arrivano dalle esangui casse dei comuni di uno dei territori più poveri d’Italia. “Quella che è privata è solo la gestione” insinua Massimo Greco, presidente del consiglio provinciale. “Il cda della fondazione, composto da cinque politici, tra cui Crisafulli, è stato congelato a vita”. E il consorzio universitario ha 14 membri: “Nominati con regole rigidissime” ironizza Greco. “Uno per partito”. Sistema che rischia di sfasciarsi a breve. L’Università di Catania ha fatto causa alla Kore chiedendo 20 milioni di euro: 16 per gli stipendi dei docenti mandati a insegnare a Enna. Sarebbe un colpo ferale per il piccolo ateneo siciliano. A meno che da Palermo arrivi un sostanzioso aiuto. È andata così all’Università della Basilicata. Nel 2005 è entrata in esercizio provvisorio: nelle casse non c’erano più soldi. Poi è intervenuta la regione: ha concesso 3 milioni di euro l’anno fino al 2007, saliti ora a 5. Qualche tempo dopo, a febbraio del 2008, il figliolo di un ex assessore della giunta lucana ha vinto un concorso da ricercatore nella nuova facoltà di economia. Fortuite coincidenze, per carità.



martedì 23 novembre 2010

Fazio - si ???

Lunedì sera, Rai 3. Giovedì sera, Rai 2 (solo per  citarne due). Triste constatare che la musica è la stessa, quasi identica. Un manipolo di giornalisti -  a giudizio di molti quelli giusti e bravi - fanno informazione libera, imparziale; in barba ad altri giornalisti filo-dittatoriali, conniventi con la mafia e con il potere. Penso che non sia affatto così. Penso che Fazio e tutta la troupe radical-chic abbiano perso un'altra occasione per fare un'informazione veramente libera, onesta; ancora una volta incapaci di mettere da parte i paraocchi, le ideologie incancrenite - condannate dalla storia - e la lotta politica. Preferiscono - mi spiace dirlo - l'illiberalità spacciata per buonismo e democrazia. Basta appropriarsi di uno spazio televisivo, magari a suon di "vaffan..bicchieri" e mobilitazioni sindacali, e il gioco è fatto. Dopo di che la trasmissione  diventa proprietà privata, intoccabile, un bunker inespugnabile. Un palazzo in cui chi entra è accuratamente selezionato, le parole e le presenze scelte con cura; le idee e i comici pure, e gli argomenti opportunamente modellati. Questa è informazione? E' giornalismo? No, ne sono sicuro: questa è lotta politica, è campagna elettorale permanente, è indottrinamento di chi guarda, quasi violenza mediatica.
Soltanto qualche esempio sulla puntata di ieri, poi ai telespettatori e pensatori liberi "l'ardua sentenza": ci sono moltissimi attori sulla scena italiana, ma lì da Fazio parla soltanto Zingaretti, ex militante del PC, fratello del Presidente della provincia di Roma in quota centrosinistra. Sull'aborto, in Italia e nel mondo, non la pensano tutti come Emma Bonino (per fotuna), però nella trasmissione di Fazio può parlare solo lei, agguerrita radicale - Emma per gli amici - senza contraddittorio, senza che si insinui alcun dubbio in chi ascolta: è così e basta, tutto il mondo deve essere d'accordo. Veronesi, oncologo di fama mondiale in quota PD, è favorevole al nucleare, tanto che presiede la commissione che ne gestirà la diffusione in Italia; tuttavia nella trasmissione di Fazio parla soltanto Renzo Piano, certamente un architetto celeberrimo, che però del nucleare non ne vuole proprio sapere. Basta? In trasmissione intervengono i clandestini che a Brescia hanno protestato per giorni su una gru, ma dei poliziotti su cui hanno pisciato in testa neppure l'ombra; neppure un cittadino bresciano interpellato. (Tra l'altro, la prossima volta, per chidere giustizia su un torto subìto, mi arrampicherò sul campanile di Frosinone, preparate le telecamere!!!).
Poi interviene il sindacato: ce ne sono tre in Italia che vanno per la maggiore, la famosa triplice: CGIL, CISL e UIL (c'è anche l'UGL che sta prendendo piede, ma lasciamola stare). Ebbene? Da Fazio parla soltanto la CGIL. Degli altri sindacati neppure l'ombra. Guzzanti? 50 battute su Papa e Berlusconi e 4 o 5 suol centrosinistra. Ma almeno ha fatto ridere con battute intelligentissime (che Vauro diventi invidioso?)! 
OBIEZIONE 1: su Rete 4 ed Emilio Fede come la mettiamo? Almeno se li paga il "Berlusca", mica Emilio Fede lo paghiamo con le tasse degli Italiani!
OBIEZIONE 2: e il TG 1? E Minzolini? Il TG 1 è sempre stato filogovernativo, è una novità? Oppure Piero Badaloni, Piero Marrazzo, Lilli Gruber, David Sassoli, tutti candidati con il centrosinistra, non hanno mai lavorato al TG 1? Sono stati epurati?

Poi c'è il buon Saviano, che ho gradito molto. Ammiro il suo coraggio, senza dubbio. Peccato che la volta scorsa insisteva su presunte - quanto cirscoscritte - infiltrazioni camorriste nella Lega e ieri, in trasmissione, dopo aver denunciato la collusione della camorra con la politica, dimentica che da 16 anni tutta la Campania (Regione, Provincia e Comune di Napoli) è amministrata da governi di centrosinistra. Ma forse è stata una distrazione. Non era distratto, però, quando ha riferito tutte le recenti promesse - fatue, è vero - del Presidente del Consiglio sui rifiuti di Napoli. Su Bassolino e la Iervolino, però, neppure un accenno. Il censore è soltanto Berlusconi? 
Certo, è chiaro: quando parlano Fazio, la Dandini, la Busi, Santoro, Travaglio, Lerner, Vauro, Report sono tutti liberi, puri, autentici, obiettivi e democratici. Vespa invece è un farabutto: eh sì, perché nei dibattiti mette le parti una di fronte all'altra in egual numero, e se capita li fa anche scannare tra loro!
La verità è che Vespa non piace perché non è, a differenza degli altri, sfacciatamente antiberlusconiano. Perché, diciamocelo chiaramente, se in politica non sei antiberlusconiano non capisci nulla. Vespa non deve inventarsi trasmissioni pilotate e faziose, o servizi messi su a regola d'arte, perché di fronte  ad un politico mette un altro politico, e le domande possono farsele tra loro.

In fondo, se la Repubblica parla di Noemi e della D'Addario sono inchieste, se Feltri parla di Boffo e delle sue molestie è "linciaggio mediatico"; quindi l'ordine dei giornalisti (cosa sia e a che serve devo ancora capirlo) gli impedisce di scrivere per tre mesi. In altre parole non può dire quello che pensa Ma questa non è censura, è solo giustizia, perché parliamo di giornalisti berlusconiani, di parte. Invece chi scrive per Repubblica e l'Unità è libero, di colore politico neutrale, non asservito ad alcun partito o corrente di pensiero. C'è chi dice sempre la verità e chi dice sempre menzogne. Ci sono i buoni, paladini della giustizia e della verità, tutti concentrati in un ramo del parlamento e tutti impiegati in una specifica testata giornalistica; gli altri sono tutti cattivi, mafiosi, ingiusti, dittatori e, guarda un po', sessualmente disordinati. Mi si passi l'ironia. Il Presidente del consiglio non può avere una vita sessualmente e affettivamente disordinata (come a tratti pare), sono d'accordissimo; ma Luxuria, parlamentare della Repubblica Italiana nel 2006 in quota Rifondazione, può liberamente affermare in una puntata di Porta a Porta di essersi prostituita all'università per pagarsi gli studi. Quindi, cari studenti, voi, che cercate di non gravare sulle finanze della vostra famiglia con le spese univeristarie, lasciate perdere di lavorare la sera, fino a  tardi, nei locali, nei bar, nelle pizzerie, oppure sui cantieri o con qualsiasi altra occupazione part-time, chi ve lo fa fare? E' molto più comodo prostituirsi per pagarsi gli studi. Che brava la nostra (o il nostro?) Luxuria! Invece di chiedere i soldi ai genitori si è costruita da sé, con il sudore della sua fronte, facendo sacrifici immani! In fondo lei non deve dare il buon esempio agli italiani, mica è il Presidente del Consiglio!
Oppure Achille Occhetto, segretario del Pc, qualche anno fa affermò liberamente di essere andato con le prostitute (era una puntata delle Iene andata in onda su Italia 1). Ma questo è normale per i guru del pensiero libero, è libertà sessuale, guai se i bacchettoni filocattolici osassero aprire bocca!  Non era mica il Presidente del Consiglio! Ma mi chiedo: se lo fosse diventato? Se a seguito di mosse parlamentari avessero creato un governo tecnico (eravamo ancora nella Prima Repubblica del resto!), la redazione di Repubblica avrebbe mai scandagliato la vita sessuale di Occhetto per ravvisarne simili immoralità! Per carità, mi viene da ridere solo a pensarlo! Quella è libertà allo stato puro, è la dimostrazione del falso mito della castità e della famiglia felice! Oppure Occhetto pensò: "Se divento Presidente del Consiglio inizio a fare il bravo ragazzo"? Continuo con l'ironia, che ora mi va a genio. 

Non hanno le stesse responsabilità e ruoli del Presidente del Consiglio, non lo nego, ma un valore morale e civile è tale in sé, non a seconda dell'importanza o della visibilità di chi lo disattende. E non possiamo farci caso a fasi alterne, quando ci conviene! Doppiopesismo? Penso di sì.

 Non è un tentativo di assolvere l'attuale Primo Ministro, il mio, beninteso. Non lo gradisco né lo preferisco. Per quanto mi riguarda il mio voto sta tutt'ora all'opposizione! Le mie sono valutazioni sulla forma, sui termini della questione, non certo sul merito. Un'intera corrente politica ed ideologica, con annessi giornalisti ed intellettuali - da sostenitrice del sesso libero, dell'emancipazione sessuale di omo ed eterosessuali - diventa improvvisamente puritana e bacchettona! Ditemi voi se poi Berlusconi non è capace di fare miracoli!

"Ma che c'entra: Berlusconi è un dittatore perché ha le televisioni! Il posto di Rete 4 toccava a Europa 7", sosterrebbe un verace radical-chic! E perché il buon ministro Gentiloni che era al governo nel 2006 non ha fatto nulla per togliere legalmente di mezzo Rete 4 e metterci, giustamente , Europa 7? E' un mistero insoluto.