venerdì 14 ottobre 2011

La santità di Jobs e il bisogno di credere...

Qualche giorno fa veniva a mancare Steve Jobs, fondatore e "numero 1" del colosso informatico statunitense, la Apple.

In men che non si dica il popolo del web si è scatenato: blog di ogni lingua pubblicavano a ripetizione post su Jobs, su FB si leggeva ogni sorta di messaggi di commiato, ringraziamenti, commoventi addii, esaltazioni del personaggio, delle sue massime, dei suoi interventi, apprezzamenti sulla sua visione della vita e della morte, dell'amore e della malattia (alcuni stralci, tra l'altro, apprezzati anche dal sottoscritto).

Molti utenti dei principali social network hanno sostituito le loro foto con quelle del compianto Steve, hanno eliminato, magari, la loro immagine sorridente per sostituirla con la mela mozzicata "made in Cupertino".

Ora, sul ricordo di un defunto nessuno si permette di eccepire alcunché; sul rispetto della morte, di qualsiasi essere umano sia, men che meno. Qualcosa potremmo dire, invece, su questa celebrazione mediatica del personaggio, su questo corale inno alla santità, alla genialità, all'ineccepibilità del personaggio in questione.

Personaggio, proprio così, non persona. La persona era quella che viveva tra le mura domestiche, che la mattina andava al lavoro, che espletava i suoi bisogni fisiologici e che mangiava in sala da pranzo con moglie e figli; quella che si innervosiva, che commetteva errori, che licenziava per causa ingiusta i dipendenti Apple mentre saliva in ascensore (negli USA questo è molto più facile di quanto non si creda). La persona era l'universo del suo mondo interiore e delle relazioni - più o meno intense - che intesseva con le altre persone.

Il personaggio, invece, è ciò che lui - o chi per lui - ha creato sulla sua persona, è l'artificio di leggende, scoop, aneddoti, che si sovrappongono alla persona reale. Il personaggio - di qualsiasi personaggio si parli - è un artefatto creato a misura per gli utenti, è un essere sfrondato di buona parte della sua personalità e ricreato, esagerato, soltanto in alcuni aspetti del suo essere. Il personaggio è un prodotto mediatico creato su misura, che presenta caratteristiche specifiche, mai casuali, studiate e organizzate.

Il popolo di internet e tutte le persone che in qualche modo hanno osannato Steve Jobs - perché effettivamente di questo si tratta - non hanno fatto altro che celebrare il personaggio che era stato costruito con abile maestrìa per loro; meglio ancora per IL LORO BISOGNO.

Di quale bisogno si tratta?

Il bisogno di credere, il bisogno di avere un modello da seguire, un esempio da imitare e da cui avere sicurezza.

Jobs è il mito del momento, l'idolo delle folle per l'anno 2011: per ora è lui che sazia il nostro bisogno di credere e fino ad ora ci basta. Domani sarà la volta di un politico, di Obama magari, di un attore, di un pilota della Formaula 1, del nuovo Maradona, di qualcuno che diventi l'oggetto del nostro bisogno di credere. Lo ripeto ancora: bisogno di credere.
 
Jobs era l'esempio di perfezione comunicativa, il creatore di icone vincenti, con i colori azzeccati. Jobs metteva in commercio prodotti di nicchia, con il prezzo doppio rispetto a quelli della stessa fetta di mercato (chi scrive, tra l'altro, non li disprezza di certo e usa un Mac Book Pro della Apple). Era colui che avrebbe venduto frigoriferi al Polo Nord, che ha iniziato in un garage. Il mito del Garage, il mito del self - made man.

Ma Jobs ci ha cambiato la vita! Il mondo non è più lo stesso dopo i suoi prodotti, ha rivoluzionato il mondo dell'informatica! 

Si sentono dire spesso queste frasi. Ammettiamo anche che abbia cambiato la vita, ma a chi? Mia nonna vive meglio grazie a Jobs? I ragazzi che a 14 anni vanno in cantiere a lavorare vivono meglio grazie a Jobs e ai suoi iPhone? 

Credo di no, e quando sarà il momento di passsare a miglior vita Jobs sarà l'ultimo pensiero che ci verrà mente e l' iPhone resterà sul comodino di chi lo possiede.

Se qualcosa ci cambia la vita non vuol dire affatto che ce la migliora. La Apple non ci aiuterà a sorridere, non ci aiuterà ad accogliere il prossimo, ad amare le nostre donne e i nostri figli.  La Apple non risponderà alle domande fondamentali della nostra vita e Steve Jobs non sazierà (e non ha saziato) la nostra sete di senso e di autenticità.

La libertà che dà gioia si sperimenta nell'Amore e a Jobs, di tutto ciò, non interessava nulla. 

Non possiamo far tacere il nostro bisogno di credere, il nostro bisogno di una sorgente di calore sovrasensibile; andrebbe contro la natura dell'uomo.

Possiamo invece indirizzare il nostro bisogno verso esempi veri, significativi, che fanno dell'Amore il loro senso, il loro motore, la loro ragione di vita. 

I modelli che meritano di essere ricordati e nominati sono coloro che hanno fatto dell'Amore la loro ragione di vita, che perseguono la vera felicità dell'uomo, che provano a dare risposte al grido di senso di ognuno di noi.

Caro popolo di internet, spiacente ma Jobs non era nulla di tutto questo. 

Cari internauti, cosa vi siete ridotti a fare?


Avete celebrato un personaggio simbolo del "capitalismo tecnocratico" (S. Zecchi) contro cui vi scagliate nelle vostre manifestazioni, nei cortei degli indignados, nelle sfilate dei No-Global o del popolo viola.

Avete celebrato, insieme a Jobs, quello stesso capitalismo da cui dite di essere sopraffatti; avete osannato la stessa finanza spietata che mette in ginocchio l'economia reale e contro cui protestate e inveite.

Insieme a Steve Jobs avete benedetto, incensato, quello stesso marketing che permette a tutta la classe politica di abbindolare le persone.

La vostra credibilità e la vostra lungimiranza sono davvero superiori alle persone che criticate?







 




giovedì 6 ottobre 2011

Steve Jobs: curiosità sulla vita di un genio

Scarsa igiene personale

Secondo alcune fonti indiscrete Steve Jobs non curava molto la propria igiene personale. Mentre lavorava presso Atari, è stato spostato nel turno di notte a causa della scarsa igiene personale e dell’odore terribile che emanava certi giorni.

Dipendente 0

Tutti i dipendenti di Apple hanno in loro possesso un nome e un numero che contraddistingue ogni dipendente. Il numero corrisponde all’ordine in cui i dipendenti sono stati assunti. Steve Wozniak, co-fondatore di Apple, è il dipendente N. 1. A Steve Jobs, invece, era stato assegnato il n. 2, ma grazie alle sue continue proteste riuscì a conquistare la posizione di dipendente n. 0.

Abiti Casual

A Steve Jobs piaceva molto vestirsi in modo comodo e pratico senza badare al proprio aspetto (come del resto anche all'igiene). La sua ‘uniforme quotidiana’ era composta da una maglia in cashmere o di seta nera a collo alto, dei jeans della Levi’s (ne possiedeva più di 100) e scarpe da ginnastica New Balance.

Dislessico

Steve Jobs era dislessico come molti altri personaggi illusti. Albert Einstein, Henry Ford e Alexander Graham Bell sono alcuni degli altri scienziati e imprenditori famosi con il problema della dislessia. Ulteriore riprova che la dislessia, considerato un DSA (disturbo specifico dell'apprendimento), non ha nulla a che vedere con l'intelligenza dell'individuo.

 Ricchezza

Steve Jobs è arrivando a ricoprire la 136° posizione della classifica dei miliardari del mondo 2010 redatta da Forbes. Il suo patrimonio consta di circa 5,5 miliardi di dollari.

Il suo "stipendio"

Lo stipendio annuo che Steve Jobs riscuoteva dalla Apple in qualità di amministratore delegato era di 1 dollaro, mentre il reddito annuale calcolato in base alle azioni Disney corrispondeva a 48 milioni di dollari.

Vuoi vendere acqua zuccherata tutta la tua vita o vuoi cambiare il mondo?

Steve Jobs riuscì a convincere John Sculley a lasciare la PepsiCo e diventare CEO di Apple con una frase ormai celebre: ‘Vuoi vendere acqua zuccherata tutta la tua vita o vuoi cambiare il mondo?’. 

Il primo PC
Larry Lang, ingegnere presso la Hewlett Packard, ha mostrato a Steve Jobs il suo primo computer a 12 anni. Ne ha subito voluto uno per provarlo e ricordando il momento ha affermato ‘Ho solamente pensato che fossero macchinari molto ordinati. Desideravo provarlo per poter confermare le mie idee’.

A 22 anni il suo primo abito

Fu quando dovette presentarsi alla West Coast Computer Faire, all'età di 22 anni, che Steve Jobs acquistò il suo primo abito. Proprio per presentare il progetto Apple.

Una peste a scuola

Steve Jobs, come lui stesso racconta in un'intervista, portava serpenti e piccole bombe in classe durante l’orario scolastico. E' stato sospeso da scuola, per il suo comportamento, decine di volte.